Quanto inquina uno smartphone? Possedere uno smartphone è talmente normale, che spesso non ci si rende conto dello sforzo energetico e produttivo, anche in termini di materiali, necessario prima di arrivare nella confezione. Senza parlare poi del suo utilizzo. Prima di parlare di sostenibilità digitale o meglio, sobrietà digitale, facciamo un passo indietro. Il Re Mida odierno Elon Musk, che pochi giorni fa ha addotto alla Sindrome di Asperger una serie di comportamenti che potrebbero apparire al pubblico come inusuali, ha scoperto che la moneta digitale non è sostenibile.
Pochi mesi fa Musk aveva aperto ai Bitcoin accettando pagamenti per Tesla attraverso la criptovaluta e investito personalmente nella moneta digitale. Questa sua propensione ha fatto innalzare in poco tempo il valore del Bitcoin, salvo poi farlo crollare pochi mesi dopo, attraverso la decisione di sospendere temporaneamente il metodo di pagamento accettato poco tempo prima, perché non sostenibile. Il metodo di pagamento sarà ripristinato, però solo una volta raggiunta una maggior sostenibilità. Intanto più o meno lo stessa incoerenza la sta avendo nei confronti di Dogecoin.
Le malelingue diranno che questo dietrofont sia dovuto alla malattia che affligge Musk, altri diranno che la sua è una mossa per influenzare i mercati… Non ci interessa questo discorso, tuttavia è poco credibile che l’inventore di PayPal, SpaceX, Neuralink e Tesla, si sia accorto solo ora degli effetti negativi del Bitcoin sull’ambiente. Ma quanto è importante la sobrietà digitale? E quanto inquina uno smartphone? Scopriamolo in questo articolo.
Ecco quanto inquina uno smartphone, o un prodotto ICT
Tanto per cominciare, i dispositivi quali smartphone, PC, tablet, server e persino i router, gravano molto sull’ambiente. Sono corresponsabili del riscaldamento globale, dell’inquinamento, dell’emissione dei gas serra e al depauperamento delle risorse minerali (a proposito: potrebbe interessarti la crisi dei chip).
Per realizzare un dispositivo tecnologico, servono infatti materiali tossici, minerali anche rari, combustibili fossili e tanta acqua. Senza contare l’energia elettrica per la realizzazione dei vari componenti e il loro funzionamento. Da considerare inoltre le spedizioni, che i prodotti siano finiti o da smaltire. Quindi un prodotto, ad esempio uno smartphone, ha un determinato impatto ambientale dall’estrazione delle materie prime, alla sua produzione, per tutto il suo utilizzo e fino al suo smaltimento, ovvero per l’intero ciclo di vita.
Alcuni componenti possono essere riciclati dopo la fine della vita di un prodotto, ma il corretto smaltimento al fine di garantire il riciclo, è un processo lungo e costoso. Inoltre, se non eseguito nel corretto procedimento, potrebbe essere persino inquinante. Questo perché i dispositivi contengono diverse sostanze considerate tossiche, che se gettati in discarica senza un adeguato trattamento, può essere un serio rischio per l’ambiente (e per la salute umana). Oppure ancora, si possono trovare usi alternativi a fine vita.
Qualche numero sull’inquinamento digitale, la ricerca di Eni
L’utilizzo dei dispositivi tecnologici, del Cloud, delle piattaforme di streaming, o anche solo spedire e-mail, portano ad un maggiore inquinamento digitale. Secondo Eni, l’ecosistema che ruota attorno alla rete (ivi compresi smartphone, tablet e PC) causa il 3,7% delle emissioni di gas serra. Continuando a parlare di numeri, sempre secondo quanto riportato da Eni, i datacenter in cui sono archiviati i nostri dati, dalla banca ai social network, consumano fino a 200 terawattora l’anno, ovvero approssimativamente l’1% di tutta l’energia consumata a livello globale. Ogni singola e-mail consuma circa 4 grammi di CO2, peccato che le mail inviate e ricevute nel mondo sono oltre 300 miliardi l’anno, con numeri in crescita costante. Per non parlare poi delle ricerche sui motori di ricerca.
Ovviamente anche le app di messaggistica non sono estranee all’inquinamento; persino gli allegati, come emoji, gif o video, gravano sul consumo di CO2. A consumare meno era l’SMS, ma è sempre meno utilizzato grazie alle app di messaggistica e social network. Il vero inquinamento digitale è però causato dai video in streaming; solo questo, sempre secondo i dati reperiti da Eni, sarebbero il 60% del traffico totale di dati in viaggio su Internet. Sarebbero oltre 300 milioni di tonnellate gas serra prodotti dalla fruizione dei video in streaming. Questi utilizzi consumano l’1% delle emissioni globali, pari al consumo di una nazione.
Sobrietà digitale: un comportamento più sostenibile per gravare meno sull’ambiente
Per limitare il proprio impatto sull’ambiente, le grandi aziende tecnologiche e gli utenti, dovrebbero adottare un comportamento più consapevole. Secondo lo studio di The Shift Project, prolungare il ciclo di vita di un dispositivo come uno smartphone, da 2 anni e mezzo a 3 anni e mezzo, porterebbe ad una diminuzione del 26% di emissione di gas ad effetto serra annui. Questo vuol dire che non solo le aziende dovrebbero produrre smartphone più resistenti, ma anche gli utenti dovrebbero scegliere di passare ad un modello nuovo solo nel momento in cui il dispositivo è effettivamente da dismettere. Per questo alle volte è consigliabile acquistare uno smartphone usato o ricondizionato.
Ma non è l’unico modo. Anche un comportamento meno inquinante può essere d’aiuto all’ambiente. Ad esempio centellinando le comunicazioni con allegati pesanti o superflui, risparmiare batteria il più possibile per effettuare meno ricariche (potrebbe interessarti il nostro articolo sul risparmio della batteria) o acquistare dispositivi meno potenti. Un altro consiglio può essere quello di acquistare un caricabatterie con pannello solare, per evitare di sfruttare la corrente elettrica. Esistono anche delle turbine eoliche per caricare lo smartphone tramite il vento o addirittura l’acqua. Si può infine evitare di mantenere app inutilizzate per poi aggiornarle comunque, o visionare contenuti video in streaming in qualità minore.
Anche registrare video ha ovviamente il proprio impatto. Sempre The Shift Project ha divulgato una guida di quattro pagine, in cui viene consigliato ai content creator come registrare video più leggeri senza perdere qualità.
Per quanto riguarda le grandi aziende, molte si sono già impegnate per avviare un comportamento più sostenibile con l’impiego di energie rinnovabili e raggiungere i traguardi prefissati nei prossimi decenni, con ingenti investimenti monetari. Alcune aziende stanno “provando” a dare un contributo, come Xiaomi, Samsung ed Apple, eliminando il caricabatterie dalle confezioni. Un’iniziativa messa in atto in primo luogo proprio da Apple, che con iPhone 12 ha rimosso EarPods e caricabatterie perché secondo Cupertino, si potranno così ridurre le dimensioni delle confezioni per poter spedire più dispositivi alla volta, riducendo le spedizioni. Sempre secondo Apple, sarebbe come togliere dalle strade 450.000 auto ogni anno.
Quanto inquina uno smartphone quindi? Difficile da dire. C’è chi, come CstTaranto, ha provato a stilare un questionario per rispondere singolarmente e calcolare l’impronta ecologica di ognuno. E quanti alberi piantare per bilanciare il proprio comportamento.
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