E chi l’avrebbe mai detto tempo fa che in futuro, nell’era di TikTok e YouTube avremmo virato su contenuti audio? Il trend è stato sicuramente favorito dallo scossone apportato dagli ideatori di Clubhouse, che non hanno inventato certo nulla di nuovo, ma che hanno avuto il merito di giocare sulla psicologia degli utenti, facendolo percepire come qualcosa di unico ed esclusivo.
Ed è così che molti altri social o piattaforme di streaming si sono allineati con la proposta di Clubhouse; quasi subito Telegram ha apportato le chat vocali sulla propria piattaforma di messaggistica, presto anche Twitter e siamo in dirittura d’arrivo anche per Spotify Greenroom, la risposta a Clubhouse della piattaforma di streaming, già scaricabile in anteprima sugli store di Apple e Google.
Anche Facebook non è rimasto a guardare. Con il crescere del numero di servizi e prodotti basati sull’audio, la creatura di Mark Zuckerberg sta lanciando a partire dal 22 giugno la funzione per integrare nelle proprie pagine veri e propri podcast.
Un ritorno alle origini che ricorda la radio; in una fase storica in cui si è spesso in mobilità (coprifuoco e lockdown a parte) e non è sempre possibile soffermarsi sui video, che oltre a consumare più dati, consumano anche molte più risorse in un’ottica ambientale.
Una rivoluzione o una involuzione? Spesso gli audio non sono molto graditi, specialmente nelle chat vocali. Basti pensare agli audio velocizzati introdotti su Telegram e presto proposti anche su WhatsApp. Una buona parte di utenti non gradisce gli audio e preferisce leggere. Ma se attori principali della tecnologia come Spotify e Facebook investono in tal senso, significa che una grande fetta di utenza favorisce ancora questo modo per fruire dei contenuti.
Che il futuro sia a tutto audio?
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