Per l’ennesimo anno consecutivo, pausa pandemica a parte, il nerd che è in me è stato ferito da un’ennesima e bruciante delusione fieristica. La Games Week milanese è al decimo anniversario, ma quella che si conclude oggi è una tre giorni di uno show che niente ha a che vedere con la prima edizione, quando ancora si svolgeva a Milano, nella vecchia Fiera. All’epoca c’erano espositori altisonanti come Play Station, Xbox, Asus con il suo brand ROG. Decine e decine di installazioni di giochi di varia natura, in cui gli appassionati di gaming potevano sfidarsi, divertirsi, conoscere persone, giocare e ancora giocare.
Le edizioni di questi ultimi anni e questa in particolare, benché di successo (la biglietteria ha segnato incredibilmente sold out) non ha e non hanno offerto niente dei fasti di un tempo. Pochi espositori su tre padiglioni a Rho Fiera Milano, uno completamente vuoto e uno in cui ci si accalcava in pochissimo tempo. Al diavolo la logistica. Qualche evento anche interessante si è anche tenuto, ma di videoludico aveva ben poco: i quiz di eBay e Funko POP, le anteprime dei film in arrivo, lo Zoo di 105 e ospiti di rilievo come i the Jackal. Il punto più basso però è stato toccato con la presenza, in quello che si presume essere un evento dedicato principalmente ai più giovani, di uno stand di un noto super alcolico e un brand di sigarette elettroniche.
A parte queste due note a dir poco stonate, o se volessimo usare una terminologia videoludica, questi due glitch, la parte dedicata ai fumetti e ai manga erano molto più consistenti dei videogame. D’accordo che l’edizione di quest’anno si intitolava Milan Games Week & Cartoomics, ma avrebbe dovuto chiamarsi Cartoomics & Milan Games Week. Se chi legge pensa che stia esagerando, può semplicemente consultare la mappa degli eventi e degli espositori.
L’unico espositore tech dei soliti noti era Huawei (!) con qualche titolo esclusivo da far giocare sui nuovi dispositivi come Huawei nova 9 e un tablet. Oppure Samsung, che però aspettava gli appassionati presso i propri spazi alla Samsung District. Il declino a cui si sta assistendo ricorda dolorosamente quello accaduto allo SMAU di una volta, quando era ancora rivolto al settore consumer e eventi ed espositori erano infiniti, per la gioia di grandi e piccini, tra gadget, tecnologia e divertimento. Per poi diventare principalmente un appuntamento di mero business.
La maggior parte dello spazio espositivo è stato riservato a fumettisti e decine e decine di store con prodotti in vendita (o a noleggio, come le powerbank!) a prezzi a dir poco esorbitanti. Va bene che è una fiera, ma qual è il senso di maggiorare così tanto i prezzi di gadget che in un negozio qualunque o sui marketplace originali, costano di meno? Tanto di meno?
Ma restano solo le parole di un appassionato deluso. Alla fine i biglietti sono andati sold out. I fan hanno potuto comprare gadget e accessori come potrebbero fare in qualsiasi centro commerciale, con la differenza che hanno potuto sentirsi liberi con i propri cosplay variopinti, emulando i propri eroi tra una foto e l’altra. E i videogiochi? Bè erano in vendita nell’ennesimo mega store che occupa mezza fiera, senza catalogo, se non accessibile tramite QR Code con centinaia di giochi senza alcuna organizzazione e con dimensioni di anteprima piccolissime. Con buona pace degli anni passati, dove il solo stand dedicato ai giochi di etichetta indipendente era di dimensioni ragguardevoli. Tanto per dirne uno, c’era Slap and Beans. O se si voleva presentare un prodotto come ad esempio una serie TV come Daredevil, c’era il protagonista vero e proprio. Non il bravissimo doppiatore.
O forse molto più semplicemente abbiamo giocato ad un unico gioco: trovare il gioco. O trovare qualcosa di interessante. Ma a che prezzo. Perché la fiera di quest’anno, tutto sembrava, meno che un evento dedicato all’intrattenimento e alle passioni. Se non per quella verso il denaro.
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