Ogni giorno si parla di spazio di archiviazione e di traffico dati. Parliamo di gigabyte con la stessa frequenza con cui un panettiere o un macellaio parla di grammi e chilogrammi, senza renderci conto, o ricordarci, come negli ultimi 40 anni siano stati percorsi successi e traguardi che inizialmente non erano preventivabili. Basti pensare, come ricorda Toshiba, che negli anni ’80 i primi PC dotati di hard disk (HDD) disponevano di una capacità di archiviazione limitata, ovvero di appena 20 MB.
Breve storia degli hard disk, dagli anni ’50 ad oggi
La miniaturizzazione della tecnologia ci ha portati rapidamente ad una capacità di archiviazione maggiore in una dimensione dei dispositivi minori. Gli hard disk odierni possono infatti arrivare fino a 20 TB, ovvero una memoria di un milione di volte superiore rispetto a quelli dei primi PC. Ma la storia degli HDD arriva ben prima degli anni ’80.
Tutto inizia negli anni ’50, quando i drive di allora sfruttavano la stessa tecnologia di base dei modelli di oggi. Parliamo cioè di dischi magnetici rotanti, tra cui si muovono bracci con testine di lettura/scrittura che magnetizzano o scansionano i bit. All’epoca erano simili a piccoli armati e con un peso di circa una tonnellata. Il loro utilizzo era in funzione di PC dedicati o sistemi mainframe. Il loro utilizzo ha rivoluzionato l’elaborazione dei dati, con un possibile accesso immediato alle informazioni. In poco più di 30 anni, l’avvento dei personal computer negli anni ’80, ha aumentato e reso popolare il successo degli hard disk. Infatti, come ricorda Rainer W. Kaese, Senior Manager, HDD Business Development di Toshiba Electronics Europe GmbH, nel 1985 erano 75 i produttori di hard disk.
Le unità di allora avevano un diametro di 5,25 pollici e potevano contenere solo pochi megabyte. Tuttavia al tempo non era necessario maggiore memoria, in quanto le applicazioni non avevano interfacce utente grafiche e non vi era il bisogno di archiviare documenti, video, o altro materiale. Ma negli anni successivi la capacità di archiviazione è aumentata, fino a raggiungere la tripla cifra di megabyte, mentre le interfacce sono state standardizzate.
I formati
Nel corso del tempo più di 200 aziende hanno cercato di produrre unità di storage, ma solo tre sono attive ancora oggi. Un consolidamento iniziato verso la fine degli anni ’80, quando la produzione economicamente sostenibile solo con grandi quantitativi. In questo periodo raggiunse maggior popolarità il formato da 3,5 pollici, standard di riferimento ancora oggi. I produttori però hanno sviluppato formati sempre più contenuti nelle dimensioni, ad esempio come le unità da 2,5 pollici per i notebook, oggi individuabili solo nei drive esterni, mentre le unità SSD sono più utilizzare per i computer portatili.
Ma sono stati realizzati formati ancora più piccoli, ormai completamente scomparsi dal mercato: ad esempio, all’inizio del millennio esistevano HDD da 1,8 pollici per gli slot PCMCIA dei notebook. Negli anni 2000 anche i lettori MP3 erano dotati di un hard disk. Il modello aveva un formato da 1,0 pollici e capacità di memorizzazione di 1 gigabyte. Le flash memory erano costose e le schede di memoria avevano una bassa capienza, dunque sono stati sviluppati anche dischi da 1 pollice che potevano essere inseriti nello slot Compact Flash delle fotocamere digitali. All’inizio del XXI secolo alcuni smartphone installavano supporti di archiviazione appena più grandi di un pollice, in certi casi anche da 0,85 pollici con 4 GB. Le dimensioni non sono state ulteriormente ridotte, visto che le memorie flash sono state preferite agli hard disk nei dispositivi mobili.
Le nuove tecnologie
Le memorie flash hanno avuto il merito di portare gli HDD ad avere successo con capacità elevate a costi vantaggiosi. Il nuovo sistema di registrazione magnetica perpendicolare (PMR) ha portato ad un salto di qualità in tal senso. Fino alla metà dei primi anni 2000, gli hard disk offrivano pochi gigabyte, ma in breve tempo siamo arrivati a 100 GB, con la normalità giunta intorno ad 1 TB. Ma il nuovo metodo di registrazione, ha portato ad un altro traguardo.
Infatti la nuova tecnologia Microwave-Assisted Magnetic Recording (MAMR), ha permesso un nuovo metodo di registrazione in grado di utilizzare le microonde per controllare e concentrare il flusso magnetico sulla testina di scrittura. Serve dunque meno energia per magnetizzare i bit, con la testina di registrazione che può essere più piccola e scrivere dati più densamente. Un supporto con queste proprietà è stato lanciato da Toshiba nel 2021, con una nuova tecnologia MAMR, denominata Flux-Controlled MAMR (FC-MAMR), che ha aumentato la capacità di archiviazione e migliorato l’efficienza energetica. Da qui la presentazione della serie MG10, ovvero storage avanzati con design a 10 piatti riempiti ad elio che aumentano la capacità fino a 20 TB, mantenendo il formato da 3,5 pollici.
Il futuro degli hard disk
Nella prossima fase di sviluppo, grazie alla tecnologia Microwave-Assisted Switching MAMR (MAS-
MAMR), le microonde attiveranno il rivestimento dei dischi magnetici per ridurre ancora il consumo di energia e consentire un’ulteriore riduzione delle dimensioni della testina di scrittura. Ma richiederà un nuovo rivestimento per i dischi, a cui i produttori stanno lavorando. Secondo gli esperti, nei prossimi anni la tecnologia MAS-MAMR aumenterà la capacità dei modelli da 3,5 pollici fino a 50 TB. In questo modo gli hard disk continueranno a sostenere il peso dell’archiviazione dei dati.
Ma difficilmente nei prossimi 40 anni si assisterà ad un altro salto di capacità come quello da 20 MB a 20 TB. In tal caso tra meno di vent’anni ci troveremo a dispositivi con una capacità di 20 exabyte, ben 10 volte superiore a quella di un moderno data center in cloud. Tuttavia, difficilmente gli utenti con un hard disk di 20 MB negli anni ’80, avrebbero potuto immaginare modelli da 20 TB, conclude Rainer W. Kaese.
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