Secondo la rivista The Information, il CEO di Apple Tim Cook, nel 2016 avrebbe firmato un accordo con le autorità cinesi, all’epoca del suo ultimo viaggio in Cina. La notizia arriva curiosamente a pochi giorni di distanza dai dati diffusi da Counterpoint, secondo cui Apple ad ottobre 2021 è diventato il brand più forte in Cina.
Un successo che arriva per la prima volta dal dicembre del 2015, grazie ad una crescita del 46% mese su mese, più alta di qualsiasi altro marchio nel Paese. Un dato rilevante, se si pensa che la crescita del mercato cinese degli smartphone è di appena il 2%. La spinta, secondo Counterpoint, è dovuta al forte interesse verso gli iPhone 13, che al netto di qualche miglioria, non presentano sostanziali differenze con iPhone 12.
Una notizia diffusa pochi giorni prima un’inchiesta della testata The Information, la quale sembra certa di un affare che vede tra i principali attori Tim Cook, CEO di Apple e le autorità cinesi. Alla base ci sarebbe un accordo segreto, firmato nel 2016 e della durata di cinque anni, in cui l’amministratore delegato si sarebbe impegnato a spendere 275 miliardi di dollari nel Paese.
Secondo Wayne Ma, autore della ricerca, Apple avrebbe promesso di aiutare i produttori cinesi a creare tecnologie di produzione avanzate e supportare la formazione di talenti cinesi. Cupertino sarebbe stata insomma disposta a contribuire allo sviluppo dell’economia cinese. Un accordo segreto e come diversamente d’altronde, in un periodo storico in cui c’è in atto una guerra commerciale, con gli Stati Uniti che hanno inizialmente bannato prima Huawei e poi Xiaomi, salvo poi dover battere in ritirata dopo le azioni di quest’ultima per la tutela del proprio brand.
Un accordo dato dalla necessità di Apple di placare il governo cinese e dissuaderlo dall’ostacolare gli affari dell’azienda statunitense in Cina. Il Paese è un grande mercato e grande base di produzione per la stessa azienda, secondo quanto riferisce Victor Shih, economista politico, esperto del sistema finanziario del Dragone presso l’Università della California, a San Diego. Ovviamente la maggioranza dei clienti di Apple si trovano al di fuori della Cina, sicché economicamente più propensi ad acquistare prodotti della casa di Cupertino. Secondo Shih, gli stessi, non avrebbero un pensiero positivo nei confronti della Cina. Mantenere l’accordo segreto, secondo l’economista politico, avrebbe evitato di umiliare il governo cinese.
Come evidenziato da Open, Tim Cook non avrebbe ancora replicato alle accuse del giornale, come fatto notare da Reuters. L’agenzia di stampa nel proprio articolo riporta che Cook avrebbe fatto pressioni sulle autorità di Pechino, i quali credevano che Apple non stesse contribuendo abbastanza all’economia locale. Firmando l’accordo in cambio il CEO subentrato a Steve Jobs, avrebbe ottenuto esenzioni legali.
Intanto l’azienda statunitense sta anche facendo i conti con la difficoltà nell’approvvigionamento dei componenti. Secondo quanto riferito da Apple Insider, Apple continua a non raggiungere gli obiettivi di produzione durante le festività natalizie. La motivazione sarebbe da addurre alla crisi dei chip e alla regolamentazione cinese sul consumo dell’elettricità. Tutta una serie di motivazioni che avrebbero portato Apple a produrre meno del 20% degli iPhone 13. Ma come riporta sempre Apple Insider, le vere motivazioni non sarebbero adducibili alla pandemia, ma alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.
Cupertino vede dunque diminuire la previsione di 90 milioni di spedizioni di iPhone 13 entro la fine del 2021, a 10 milioni. Nel contempo però ad ottobre ha registrato una sensibile crescita proprio in Cina. Ma è anche vero che il vertice è cambiato continuamente dal declino di Huawei. A gennaio in pole position vi era OPPO, scalzata da vivo a marzo, che ha poi lasciato il posto ad Apple per la prima volta in sei anni. Proprio grazie ad iPhone 13, che secondo Counterpoint ha un prezzo più abbordabile rispetto ad iPhone 12. Ma sempre Counterpoint rivela che il successo sarebbe potuto essere maggiore se non fosse stata per la crisi dei chip, ma è anche vero che Apple ha una catena di approvvigionamento migliore degli altri OEM.
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