Telegram supera i 500 milioni di utenti

Parler e Telegram: due pesi e due misure?

Il putiferio che ha scatenato il ban dell’ex Presidente Trump sui vari social network ha diviso in due fazioni gli utenti di tutto il mondo. Da una parte chi non sostiene in alcun modo l’ex inquilino della Casa Bianca, ha accolto favorevolmente questa scelta. Dall’altra i suoi sostenitori, ma non solo. In questa fazione vi è anche chi è esterno e non approva i metodi e le scelte di Trump, ma non è nemmeno è d’accordo con la decisione unanime dei più grandi social network, ovvero silenziare uno degli uomini più potenti del mondo, se non il più potente (ricordiamo che la decisione è stata presa quando ancora era in carica).

Si può discutere per giorni sulla legittimità o meno di questo provvedimento da parte dei colossi del Web, ma questa mossa (democratica? non democratica? controversa? ai posteri l’ardua sentenza) ha portato ad alcuni risultati importanti. Il primo è la diminuzione del 73% di fake news su Twitter (Fonte: Washington Post); un altro importante traguardo è stato probabilmente un passaggio di consegne meno traumatico, anche se va detto che i toni del Presidente uscente si sono (moderatamente) sgonfiati dopo i fatti di Capitol Hill.

In seguito al ban, Trump ha inizialmente fatto capire che avrebbe puntato ad una piattaforma alternativa, dove poter esprimersi liberamente. Molti dei suoi seguaci hanno scelto di spostarsi su Parler, che è stato in primis rimosso dagli store di Google e Apple e infine costretto ad andare offline, in quanto Amazon ha raggiunto la decisione di non ospitare sui propri server la piattaforma. Parler ha pagato la sua filosofia di “libertà di parola” che ha favorito una consistente presenza di estremisti di destra, complottisti, suprematisti bianchi, etc, con una mancanza totale di moderazione.

Il messaggio su Parler e le "Technical Difficulties".
Il messaggio su Parler e le “Technical Difficulties”.

Parler esisteva anche prima del ban del tycoon, il quale ha indirettamente incoraggiato i suoi sostenitori a confluire sul social network. Tuttavia per evitare che si verificasse una seconda Capitol Hill, i colossi hanno optato per un’altra drastica soluzione. Ma allora Telegram?
Notizia di oggi vuole che per l’ennesima volta l’app di messaggistica sia al centro di una retata della Guardia di Finanza. Secondo quanto riporta HDBlog, sarebbero stati chiusi diversi canali e bot in cui venivano venduti ogni tipo di droga e documenti falsi. Non è la prima volta (e non sarà l’ultima) che Telegram è al centro di attività illecite. Solo poco tempo fa erano in vendita dati sensibili prelevati da un data breach di Facebook. Inoltre, secondo quanto riporta un’indagine di Open, sono consistenti i gruppi presenti sull’app di messaggistica dove si scambiano foto di ragazze ignare, per non parlare dei gruppi dediti alla diffusione di materiale pedopornografico (Fonte: Repubblica).

Telegram, app più scaricata al mondo.
Telegram è l’app non-gaming più scaricata al mondo a gennaio 2021.

Il limite di Telegram è evidente. La massiccia presenza di utenti (specie dopo l’aggiornamento della Privacy di WhatsApp) non permette all’app di intervenire in tempi rapidi e che la chiusura dei canali illeciti non sia tempestiva, ma che avvenga sempre dopo l’intervento delle Forze dell’Ordine. Inoltre, come è avvenuto con Napster, ogni volta che si chiude un canale, se ne generano sempre di nuovi. Ma non è anche questa una mancanza di moderazione? Estirpare il problema alla radice per scongiurare rischi di disordini e violenza è senza dubbio un obiettivo nobile, pur raggiungendo una scelta controversa come quella che si può definire una censura. Ma la vendita di dati sensibili, lo spaccio, la pornografia non consensuale e il materiale pedopornografico, sono attività altrettanto gravi e odiose e che dovrebbero portare ad un maggiore moderazione. In particolar modo da quando Telegram, secondo Sensor Tower, risulta l’app non-gaming più scaricata al mondo a gennaio 2021.

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Giornalista pubblicista, SEO Specialist, fotografo. Da sempre appassionato di tecnologia, lavoro nell'editoria dal 2010, prima come fotografo e fotoreporter, infine come giornalista. Ho scritto per PC Professionale, SportEconomy e Corriere della Sera, oltre ovviamente a Smartphonology.