Recentemente diverse associazioni italiane, tra cui AP.P.L.E., ISDE, A.I.E. e AMICA, con il supporto di ADICO, hanno espresso preoccupazioni riguardo a una proposta di decreto legge per modificare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (CEM-RF) usati dalla telefonia mobile in Italia. Le organizzazioni sostengono che gli attuali limiti di 6 V/m dovrebbero essere mantenuti, affermando che un aumento potrebbe portare a potenziali rischi per la salute. Ma è davvero così?
Il dibattito tra preoccupazioni e necessità
La recente bozza di un decreto legge (maggio 2023) ha proposto un innalzamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici. Questo innalzamento, secondo i proponenti, sarebbe una necessità nata dallo sviluppo tecnologico, con particolare riferimento al 5G. L’obiettivo è garantire una migliore connettività e offrire servizi avanzati ai cittadini. Il decreto evidenzia come questo passo sia un elemento fondamentale per garantire lo sviluppo del settore delle telecomunicazioni, settore strategico per la crescita economica del Paese. Tuttavia, questo innalzamento potrebbe avere un costo in termini di salute pubblica, secondo alcune associazioni. Queste associazioni sostengono che il limite attuale sia già troppo alto e che aumentarlo ulteriormente potrebbe esporre la popolazione a rischi per la salute non ancora completamente compresi o quantificati.
A supporto della loro tesi, le associazioni citano fonti scientifiche che indicano la presenza di effetti non termici (senza riscaldamento dei tessuti) a livelli di CEM-RF molto inferiori a quelli considerati sicuri dall’Icnirp, un’organizzazione non governativa che fornisce linee guida sulla sicurezza delle radiofrequenze. Una recente pubblicazione del Prof. James Lin, dell’Università dell’Illinois, pubblicata su IEEE Microwave Magazine, entra in questa discussione. Lin sottolinea che i nuovi limiti di esposizione alle radiazioni RF sono progettati per limitare il riscaldamento a breve termine dei tessuti causato dalle radiazioni RF. In altre parole, si basano sulla convinzione che l’unico effetto delle radiazioni RF sia il calore. Lin sottolinea che la correlazione tra SAR (Tasso di assorbimento specifico) e l’aumento della temperatura dei tessuti dipende da diversi fattori, tra cui la massa del tessuto medio e la durata dell’esposizione. Pertanto, i limiti di esposizione dovrebbero essere differenziati in base alla durata dell’esposizione, anche per i limiti relativi al riscaldamento.
Lin sottolinea che i limiti di esposizione alle radiazioni RF attualmente in discussione potrebbero non essere sufficienti per affrontare i rischi associati all’esposizione a lungo termine a livelli bassi. Aggiunge che le linee guida attuali potrebbero non riflettere adeguatamente le conclusioni di organizzazioni scientifiche come l’IARC.
La normativa italiana
La normativa italiana relativa alla regolamentazione delle emissioni elettromagnetiche si è sviluppata tra il 1998 e il 2012, con la legge quadro n. 36 del febbraio 2001 come elemento centrale. L’Italia ha stabilito un limite massimo di 20 V/m per le frequenze sotto i 3 GHz, ben più basso rispetto a quelli adottati in Europa, e ha definito un ulteriore livello di protezione con un limite di 6 V/m da rispettare rigorosamente in tutti gli ambiti adibiti a permanenza umana prolungata. Questi limiti di emissione italiani sono dieci volte inferiori rispetto ai limiti definiti a livello internazionale. A livello europeo, la Germania ha adottato il limite massimo (61 V/m) dal 1° gennaio 1997, prima ancora dell’approvazione della Raccomandazione CE. La Spagna è stato il primo paese ad adeguare i propri limiti al massimo nel 2001. La Svizzera invece si ferma a 5 V/m.
Nel marzo 2020, ICNIRP ha pubblicato nuove Linee Guida sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici nel range di frequenze 100 kHz – 300 GHz. Queste nuove Linee Guida sostituiscono quelle del 1998 e confermano che non ci sono prove di effetti negativi sulla salute a livelli di esposizione inferiori ai limiti stabiliti nel 1998. Sembra che paesi come Germania e Spagna, che hanno adottato i limiti massimi da oltre 20 anni, non abbiano riscontrato anomalie nella popolazione.
Il contenuto del decreto legge
Secondo quanto riferito dal dl, un innalzamento dei limiti attuali fissati a 6V/m, ad esempio a 30V/m, sempre ben al di sotto del limite europeo di 60V/m, permetterebbe un miglioramento della qualità del servizio (in termini di copertura), ridurrebbe l’impatto economico sugli operatori e la proliferazione di antenne sul territorio. A causa dei limiti di emissione, il 62% dei siti esistenti nelle aree urbane non può essere aggiornato al 5G. Gli extra costi per sviluppare la copertura 5G sono di circa 1,3 miliardi di euro per operatore. L’innalzamento dei limiti avrebbe quindi il duplice vantaggio di rassicurare i cittadini e di ridurre i costi di implementazione del 5G. Inoltre, un pieno e veloce dispiegamento del 5G porterebbe all’utilizzo di antenne attive o intelligenti (smart) o a fascio tempo-variante “Massive MIMO“, migliorando il rendimento e l’efficienza energetica. Il costo previsto per l’innalzamento dei limiti è di 1,5 milioni di euro, suddivisi in 500.000 euro all’anno fino al 2025.
I timori delle associazioni
Secondo quanto si apprende dal testo di ADICO, le preoccupazioni delle associazioni si soffermano su donne incinte, bambini, soggetti elettrosensibili e chimicosensibili. Va però sottolineato che l’elettrosensibilità (ES) o elettroipersensibilità (EHS dall’inglese electromagnetic hypersensitivity) è un insieme di sintomi fisici e/o psicologici che un soggetto afferma essere causati da campi magnetici, elettrici o elettromagnetici, a un livello di esposizione tollerato dalle altre persone 1. L’elettrosensibilità non è riconosciuta come una vera e propria malattia dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla comunità scientifica. La principale obiezione è la mancanza di evidenze scientifiche che forniscano parametri in grado di dimostrare il rapporto di causa-effetto tra sintomi e esposizione. Una revisione sistematica nel 2005 ha rilevato che non c’è alcuna prova che tali malesseri siano causati dai campi elettromagnetici, e molti studi in doppio cieco successivi suggeriscono che coloro che affermano di essere malati non riescono a distinguere la presenza del campo elettromagnetico 2.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sottolinea che studi ben controllati hanno dimostrato come i sintomi non siano causati dai campi elettromagnetici 3. Ci sono indicazioni che tali sintomi possano essere dovuti a preesistenti condizioni psichiatriche, stress, o siano causati dalla paura stessa dei campi elettromagnetici 4. L’OMS aggiunge che la mancanza di basi tossicologiche o fisiologiche evidenti e di verifiche indipendenti rende l’elettrosensibilità simile a un’altra condizione patologica, la sensibilità chimica multipla 5. Questa posizione dell’OMS è contestata dalle associazioni dei malati 6. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in Italia ha pubblicato un documento che fornisce una revisione scientifica sulle potenziali implicazioni per la salute dell’implementazione del 5G.
Secondo l’ISS, nonostante il dibattito pubblico spesso concentrato su possibili rischi per la salute dovuti all’esposizione ai campi elettromagnetici prodotti dalla tecnologia 5G, gli attuali studi scientifici non forniscono prove evidenti che l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza sotto i limiti stabiliti dalle linee guida internazionali possa causare effetti avversi sulla salute. L’ISS ribadisce che le linee guida dell’ICNIRP, che sono seguite da molti paesi, compresa l’Italia, sono basate su un ampio corpo di letteratura scientifica e sono concepite per proteggere tutte le persone, indipendentemente dall’età e dallo stato di salute. Tuttavia, l’ISS sottolinea anche l’importanza di continuare a monitorare la ricerca scientifica in questo settore per garantire che le linee guida restino adeguate.
Adico si sbaglia
Nella sua affermazione, ADICO cade in errore. Secondo quanto si legge sul proprio sito, “Tumori, malattie neurodegenerative, deficit di attenzione e memoria, elettrosensibilità, disturbi cardiocircolatori, danni alla fertilità maschile e femminile, danni al DNA, sono alcuni degli effetti avversi non-termici correlati all’esposizione ai campi elettromagnetici artificiali utilizzati dalla tecnologia wireless“. L’affermazione di ADICO circa gli effetti avversi non termici menzionati, non è corroborata da un consenso scientifico. ICNIRP conferma di prendere in considerazione tutti i possibili effetti nocivi per la salute nell’impostare le proprie restrizioni. Questo include sia gli effetti termici sia quelli non termici. L’ICNIRP ha affermato che i livelli di esposizione più bassi che possono causare effetti nocivi derivano da meccanismi termici. Di conseguenza, stabilisce restrizioni basate su questi effetti termici, in quanto proteggeranno da qualsiasi altro possibile effetto che potrebbe manifestarsi a livelli di esposizione più elevati.
Inoltre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ICNIRP sostengono che non esistono prove scientifiche sufficienti che dimostrino un legame diretto tra l’esposizione ai campi elettromagnetici a livelli normalmente sperimentati dalla popolazione e gli effetti avversi per la salute menzionati da ADICO. Nel contesto europeo, la Germania e la Spagna sono due esempi di paesi che hanno adottato limiti massimi di esposizione ai campi elettromagnetici, superiori a quelli in vigore in Italia, senza che siano stati riscontrati aumenti di anomalie tra la popolazione o prove di effetti avversi per la salute correlati all’esposizione ai campi elettromagnetici. Le misure di protezione attualmente adottate sono ritenute adeguate per proteggere la popolazione da possibili effetti nocivi dell’esposizione ai campi elettromagnetici. Ma, come ricorda l’ISS, sarà comunque fondamentale valutare attentamente l’esposizione ai campi elettromagnetici nel contesto degli ambienti urbani, dove le antenne per il 5G potrebbero essere posizionate più vicino alle abitazioni rispetto alle precedenti tecnologie wireless. Tuttavia, come riportato nella bozza decreto legge, l’innalzamento dei valori diminuirebbe il numero di antenne sparse sul territorio.
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