Sembra sia quasi giunta al capolinea la vicenda che ha visto Apple al centro di una class action intentata ormai nel 2016, che la vedeva rea di aver violato una legge federale, la Magnuson-Moss Warranty Act, che disciplina le garanzie sui prodotti di consumo. Cupertino avrebbe infatti accettato di pagare 95 milioni di dollari in seguito ad un accordo, ma l’ultima parola spetta al giudice.
La class action è stata intentata perché alcuni clienti con sottoscrizione alla AppleCare Protection Plan o AppleCare+ (qui il nostro speciale sulle assicurazioni per smartphone), hanno ricevuto in seguito al 20 luglio 2012 un dispositivo ricondizionato in sostituzione. Secondo l’accusa, nonostante i termini e condizioni riferiti da Apple indichino proprio la possibilità di utilizzare parti o prodotti nuovi o ricondizionati equivalenti al nuovo, questi ultimi non lo sarebbero, cadendo dunque in una violazione delle politiche pubblicizzate (qui e anche qui, tutte le informazioni per l’Italia).
Come riportato da GSM Arena, gli avvocati di Apple avrebbero affermato che i clienti che hanno intentato la class action, non possono dimostrare che i problemi riscontrati nel corso dell’utilizzo siano riconducibili ai componenti rinnovati e che “equivalente al nuovo” non significa che il componente sia effettivamente nuovo.
Secondo MacRumors, nonostante la netta posizione di Apple nell’affermare che i ricondizionati non siano inferiori al nuovo, Cupertino avrebbe comunque accettato di raggiungere un accordo e fornire un risarcimento, che secondo le stime potrebbe essere quantificato intorno ai 63-68 milioni di dollari, se si escludono i costi della causa. La motivazione sarebbe riconducibile alla volontà dell’azienda statunitense di porre fine ad un contenzioso ormai in essere dal 2016 e che sarebbe stato ancora duraturo e costoso. Qualora il giudice approvasse il tutto, ogni partecipante alla class action riceverà un risarcimento equo, basato sulla quantità di ricondizionati sostitutivi ricevuti.
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