Nella serata del 26 aprile (in Italia) è giunta notizia secondo cui il Brasile abbia sospeso l’app Telegram. La conferma arriva dal sito ufficiale del Ministero della Giustizia e della Pubblica Sicurezza brasiliano, che riporta la decisione avvenuta in seguito alla riunione del segretario nazionale dei consumatori (Senacon), Wadih Damous, e il presidente dell’Agenzia nazionale delle telecomunicazioni (Anatel), Carlos Manuel Baigorri. All’incontro ha partecipato anche il direttore del Dipartimento per la protezione e la difesa dei consumatori (DPDC), Ricardo Blattes.
Il motivo della sospensione
L’occasione ha permesso alle due autorità di discutere circa le misure da adottare contro la diffusione di contenuti violenti sui social, in particolar modo sull’app di messaggistica di Pavel Durov. Secondo quanto si legge sul sito, La piattaforma risponde a un processo amministrativo al Senacon per la circolazione di contenuti illegali, comprese minacce di attacchi e incitamento all’odio. In seguito alla riunione, la decisione del tribunale ha poi portato alla sospensione di Telegram, in quanto l’app non ha fornito i dati dei gruppi neonazisti alla Polizia Federale.
La richiesta dei dati del gruppo neonazista è giunta alla piattaforma dopo che le indagini su un attentato avvenuto ad una scuola di Aracruz, il quale ha provocato quattro morti, hanno fatto emergere le comunicazioni del killer 16enne con gruppi di matrice antisemita tramite Telegram. Come riporta Ansa, la richiesta della Polizia includeva i dati degli amministratori e dei membri dei gruppi in modo da determinare se vi fosse un collegamento con quanto avvenuto nell’attentato nella scuola.
Il ruolo dei social media
Il 13 aprile Senacon ha notificato alle piattaforme digitali le misure circa le misure da adottare per monitorare, limitare e restringere i contenuti che incitano alla violenza contro scuole e studenti. Il segretario brasiliano ha riferito che i social network non sono agenti neutrali circa i contenuti che ospitano, “Poiché mediano le informazioni visualizzate a ciascuno dei loro utenti, definendo cosa verrà visualizzato, cosa può essere moderato, la portata delle pubblicazioni, oltre a consigliare contenuti e account“. Il segretario Damous ha poi riferito che “Queste aziende devono prevenire la diffusione di disinformazione, incitamento all’odio e, se identificano questo tipo di pubblicazione, devono rimuoverle immediatamente“. Sempre il segretario ha infine concluso spiegando che non è accettabile che in una presunta libertà di espressione si possa diffondere odio e informazioni false, che possano mettere a rischio salute e sicurezza degli utenti.
Le sanzioni, in caso di mancato rispetto dalle richieste formulate dagli enti, prevedono sanzioni pecuniarie (fino a 180.000 euro al cambio al giorno) e la sospensione dell’attività delle società. Proprio come successo ora a Telegram, decisamente non nuova al lassismo che la contraddistingue riguardo ai contenuti malevoli presenti all’interno della piattaforma. Intanto il Paese dibatte aspramente una proposta di legge che preveda pene più severe contro fake news, odio ai danni delle piattaforme che ne permettono la circolazione.
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