Una nuova azione legale collettiva presentata alla Corte Distrettuale del Nord della California mette Apple al centro di un’accusa per pubblicità ingannevole. Un gruppo di consumatori provenienti da Illinois, New Jersey, Michigan e Washington ha citato in giudizio l’azienda per aver venduto iPhone e iPad da 16GB omettendo informazioni rilevanti sulla reale capacità di archiviazione disponibile. Secondo l’atto depositato, Apple avrebbe consapevolmente taciuto il fatto che una parte consistente della memoria promossa non fosse accessibile agli utenti.
Memoria dichiarata e memoria reale: fino al 21,3% in meno
Al momento dell’acquisto, gli utenti si aspettavano di poter utilizzare tutti i 16GB indicati sulla confezione e nelle comunicazioni commerciali. La realtà era diversa: i dispositivi con iOS 8 preinstallato offrivano, in alcuni casi, meno di 12GB effettivamente disponibili. Lo spazio mancante era occupato dal sistema operativo, da una partizione di root riservata solo ad Apple e da una lunga lista di applicazioni obbligatorie e non eliminabili, tra cui FaceTime, Safari, Meteo, Mappe, Note, Calendario, Musica, Video, Foto, Mail, Orologio e molte altre.
In base ai dati riportati nella causa, un iPhone 6 Plus da 16GB metteva a disposizione dell’utente solo 11,8GB, con una perdita di oltre il 20%. Situazioni simili riguardavano iPhone 6, iPhone 5s, iPad e iPad Air, con variazioni tra il 18% e il 21,3% di memoria indisponibile. Apple non forniva alcuna spiegazione chiara al momento della vendita e si limitava alla formula generica “capacità formattata inferiore”, giudicata insufficiente dai querelanti per chiarire la reale entità della riduzione.
Nessuna alternativa pratica: solo iCloud a pagamento
I consumatori che avevano bisogno di più spazio non trovavano opzioni alternative nei dispositivi Apple. A differenza dei concorrenti Android, iPhone e iPad non prevedevano l’espansione tramite schede SD né consentivano un trasferimento libero dei file su computer tramite file manager. L’unica soluzione proposta era il servizio iCloud, a pagamento, con costi compresi tra 0,99 e 29,99 dollari al mese. L’offerta compariva spesso attraverso un pop-up nel momento in cui il dispositivo segnalava l’esaurimento della memoria interna.
Secondo l’accusa, Apple era pienamente consapevole della discrepanza tra lo spazio pubblicizzato e quello realmente disponibile. L’azienda avrebbe ricevuto numerose lamentele da parte di clienti e osservazioni critiche da blogger e giornalisti. In un forum ufficiale, un utente segnalava che un iPhone da 8GB offriva solo 6,37GB. Un rappresentante Apple avrebbe risposto che “è normale” e che l’utente poteva restituire il prodotto. Anche altri articoli online denunciavano la differenza tra spazio dichiarato e reale, definendo la pratica “ingannevole”.
Le accuse e la struttura della class action
La class action è stata avviata da sei querelanti, ognuno dei quali rappresenta una classe statale distinta. Le accuse si fondano sulla violazione delle normative locali sulla protezione dei consumatori, tra cui:
Illinois Consumer Fraud and Deceptive Business Practices Act,
New Jersey Consumer Fraud Act,
Michigan Consumer Protection Act,
Washington Consumer Protection Act.
I querelanti affermano di aver acquistato i dispositivi affidandosi alla promessa di 16GB di spazio disponibile, senza essere informati che fino a 3,4GB sarebbero stati occupati da software e partizioni riservate. Tutti sostengono che, in assenza di queste omissioni, avrebbero scelto dispositivi con maggiore capacità o non avrebbero effettuato l’acquisto.
La precedente causa Orshan e il cambio di rotta
La vicenda si ricollega a una precedente causa collettiva, Orshan et al. v. Apple Inc., avviata nel 2014. Quella class action era stata respinta nella sua portata nazionale nel 2024, ma il nuovo procedimento riprende le medesime contestazioni, garantendo la tutela dei termini di prescrizione.
Nel frattempo, Apple ha modificato la propria comunicazione. Per l’attuale iPhone 16, il sito ufficiale riporta chiaramente che iOS 18 e le app possono occupare da 12 a 24GB, e specifica che molte applicazioni preinstallate possono essere rimosse. Questa maggiore trasparenza non era presente tra il 2014 e il 2016, periodo al centro della nuova azione legale.
I legali dei consumatori chiedono alla Corte di risarcire gli acquirenti danneggiati, obbligare Apple a cessare le pratiche contestate e ottenere il rimborso dei profitti ottenuti con questa strategia.
Lascia un commento