Il nuovo corso di Amazfit/Huami/Zepp Health, ex Huami, prende il via a partire dall’11 ottobre, quando vengono presentati il nuovo brand, la nuova filosofia dell’azienda e la nuova generazione di smartwatch. Una tripletta suddivisa tra Amazfit GTR 3 Pro, GTR 3 della nostra prova e GTS 3.
La nostra attenzione si concentra dunque sulla versione base Amazfit GTR 3. Verrebbe facile paragonare lo smartwatch al prodotto della generazione precedente, ma si tratta di un dispositivo totalmente diverso. Alcune scelte hanno sacrificato una serie di opzioni, come ad esempio lo speaker. Si può però interagire con lo smartwatch con la voce grazie ad Alexa, che è preinstallata nel GTR 3. Per comunicare con Alexa, si potrà sfruttare il ridottissimo microfono presente sulla sinistra della cassa. Bisognerà però avere un tono di voce alto, si dovrà scandire bene le parole per ottenere l’informazione corretta e avere il telefono connesso. Diversamente si potrà interagire offline ma per comandi più basici, come impostare sveglie, promemoria, etc.
Molti e importanti i parametri da poter monitorare, tanto da renderlo quasi un ibrido tra una evoluta smartband e uno smartwatch pensato per lo sport e la salute. Quattro i parametri che possono essere anche monitorati contemporaneamente, ovvero la Saturazione dell’ossigeno, la respirazione, la frequenza cardiaca e lo stress.
Confezione Amazfit GTR 3
Lo smartwatch arriva in una complessa confezione, con caricabatterie e ovviamente lo smartwatch. La confezione è davvero difficile da aprire senza rovinare la scatola esterna, inoltre per estrarre la parte in cui è contenuto il telefono, comunque ben protetto in casi di urti o cadute, bisognerà avere molta pazienza.
Stile, design e display
La cassa dell’orologio è composta da un corpo rotondo in lega di alluminio aeronautica. Il modello in prova arriva con un comodo cinturino in silicone, nero. Il cinturino ha però un difetto: attrae sporco e polvere e bisognerà pulirlo di frequente. A parte ciò, è caratterizzato da due corone girevoli e alla cui pressione permettere di accedere a vari menù, in cui i potrà navigare muovendo le stesse avanti e indietro. Peccato che servono solo per girare e non per selezionare l’opzione scelta. L’utilità delle due corone è quella di evitare di premere spesso il display con le dita. Di per sé non trattiene le ditate ed è già ottimo, ma sarebbe stato più comodo selezionare le opzioni con le corone stesse. Ad ogni modo poco male, perché lo schermo non si sporca.

A proposito di display, è la parte più riuscita di Amazfit GTR 3. Si tratta di un AMOLED da 1,39 pollici. Il rapporto schermo-corpo è del 66%, raggiunge i 326 ppi, e dispone un’elevatissima luminosità, fino a 1.000 nits. Lo schermo è talmente efficace che anche al minimo della luminosità, si può consultare sotto la luce del sole. Tanto che di notte, se lo si tiene indosso per monitorare il sonno, si sente la necessità di abbassare la luminosità, perché potrebbe risultare fastidiosa.
Indossato lo smartwatch è comodo ed è leggero con i suoi 32 grammi, anche se le dimensioni sono abbastanza rilevanti. Va tenuto stretto al fine di permettere al sensore BioTracker PPG 3.0 di essere preciso. Amazfit GTR 3 è sensibile al movimento del polso, che una volta mosso illustra rapidamente i propri dati sul display.
Software, app e quadranti di Amazfit GTR 3
Si possono scegliere molti quadranti, una contenuta selezione dall’orologio stesso e qualche opzione in più dallo store, accessibile dall’applicazione. Per quanto riguarda i quadranti, non sono moltissimi e c’è poca personalizzazione. Sarebbe stato bello avere una scelta più estesa e meno seriosa, magari con una selezione sfruttando eventuali terze parti. Per quanto riguarda l’app e l’associazione, è un processo leggermente complesso per proteggere i dati sensibili, dunque avverrà tramite QR Code. Il sistema operativo sull’orologio è lo Zepp OS 1.0. Appena uscito dall’imballo originale ancora sigillato, mostrava sullo schermo una serie di dati insoliti come gli fps. “Bug” che è stato prontamente corretto al primo aggiornamento: dunque non c’è da preoccuparsi se inizialmente ci possono essere dei dati insoliti alla prima accensione.



L’app è un po’ dispersiva, ma appena compreso il funzionamento mostrerà una consistente quantità di dati e parametri utili per tenere monitorati frequenza cardiaca, saturazione dell’ossigeno, stress, sonno, respirazione e la cronologia mestruale. Dall’orologio si possono attivare una serie di funzioni extra interessanti, come la bussola, l’altimetro barometrico, il meteo una funzione utile a ritrovare il telefono in caso di smarrimento (attiverà un allarme abbastanza udibile), il Pomodoro Timer per aiutare la concentrazione e il telecomando della fotocamera (che nel nostro caso non ha funzionato). Oltre alla già citata Alexa, con cui si possono controllare altri dispositivi connessi dotati dell’assistente vocale di Amazon.

Per quanto riguarda invece le app installabili sull’orologio, non si può di certo paragonare con l’esperienza di altri competitor. Ma è anche vero che Zepp OS 1.0 deve ancora maturare e si può puntare in alto. Si possono installare una limitata selezione di ulteriori app, più o meno utili.
Gli allenamenti dovrebbero essere rilevati automaticamente, ma in realtà per avere traccia dei progressi, almeno per quanto riguarda i percorsi e l’utilizzo dei GPS interni all’orologio, è necessario avviare manualmente l’allenamento dall’orologio o dall’app sul telefono, ed è un po’ un limite.
Il rilevamento dei parametri necessita che il dispositivo sia ben aderente al polso. La presenza di peluria o tatuaggi potrebbe in teoria restituire risultati non veritieri, bisogna comunque tener presente che non si tratta di un dispositivo medico. La frequenza cardiaca paragonato ad un altro dispositivo risulta essere allineata, mentre l’ossigenazione del sangue può variare anche sensibilmente se l’orologio non è posizionato bene. Con un posizionamento più comodo ha dato 85%, mentre con un posizionamento più stretto, 98%, a distanza di due minuti. Inoltre le misurazioni possono richiedere fino a 45 secondi di immobilità; cosa difficile, che può portare a risultati non attendibili o interrompere proprio la misurazione.

Autonomia
Secondo il produttore, l’autonomia di GTR 3 può arrivare fino a 21 giorni. Con un utilizzo normale, con tutte le funzionalità attive nel corso del giorno, una luminosità sufficiente e un monitoraggio costante, in quattro giorni l’orologio ha consumato circa il 30-33%. Verosimilmente potrebbe durare circa due settimane o poco meno, con un utilizzo normale e costante e senza un bombardamento di notifiche.
Conclusioni
Amazfit GTR 3 si rivolge a chi pratica sport agonistici (oltre 150 le modalità di allenamento) e a chi vuole sempre sottomano i propri parametri, per avere una idea del propio stato di salute. Il look sobrio ed elegante e le dimensioni non certo contenute, lo rendono adatto sia a sportivi sia per l’uso di tutti i giorni. Il costo di 149 euro sembra congruo rispetto all’offerta, anche se si sente la necessità che il sistema operativo maturi e che l’app possa essere un po’ più intuitiva. Ad impreziosire il device, la compatibilità con Alexa e le funzioni extra, oltre alla possibilità di misurare con un tocco tutti i parametri principali offerti dall’orologio.

Detto ciò l’esperienza è positiva, perché nel corso dell’utilizzo ha dimostrato maggiore attendibilità (e qualità) rispetto una smartband comune di poche decine di euro. Allo stesso tempo però, fatica un po’ a reggere il confronto con smartwatch di competitor, un po’ più accessoriati, ma ha un’autonomia maggiore grazie ai suoi 450 mAh.
Se si vuole acquistare uno smartwatch per i propri progressi, senza sborsare una cifra considerevole, può anche andar bene, ma se si può spendere un po’ di più, forse conviene la versione Pro (costa 199 euro) che possiede anche uno speaker per le telefonate, la memoria interna e un display di maggior qualità, Wi-Fi, ma un’autonomia minore.
In breve

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