Inizialmente c’era solo il “Mi piace”. Poi sono arrivate la risata, l’abbraccio, il cuore, il grr. Le reazioni sono simili alle emoticon e servono in genere per esprimere stati d’animo senza la necessità di ricorrere alle parole. Una funzione utile per i timidi, i pigri, ma sempre empatici. Ma usate a sproposito, possono anche ferire, o sperare che lo facciano. Siamo pronti a scommettere che c’erano tutte le buone intenzioni da parte dei social media, prima di consentire agli utenti di utilizzare questo nuova forma di comunicazione. In questi ultimi anni però, l’umanità ha trovato un nuovo pretesto per dividersi. Non basta la politica: anche lo sport e la salute. Ogni riferimento al vaccino, è puramente voluto, ma non stiamo parlando di questo.
Basta fare un giro su Facebook. Scorrendo il feed prima o poi ci si imbatterà in una notizia drammatica. Non è raro se si seguono pagine di quotidiani o simili. E da ormai diversi anni, le reazioni a queste notizie sono di diverso tipo. Dal cuore, all’abbraccio, ad un più freddo “Mi piace”, fino alle incomprensibili risate. Fateci caso: prendete una qualsiasi notizia drammatica. Ad esempio la recente e prematura scomparsa del compianto David Sassoli. O il bollettino giornaliero relativo alla pandemia. Guardate le reaction e vedrete che, anche dinanzi la morte, c’è chi ride. Non è un novità. Basti pensare che nelle pagine di Cronaca è anche apparso per qualche giorno uno dei più fervidi no-vax a commentare positivamente, quasi con gioia, la scomparsa dell’ex Presidente del Parlamento Europeo. Ma cosa si nasconde dietro questo comportamento?
Chi scrive non è medico e nemmeno psicologo, ma una rapida ricerca ha suggerito tra i risultati un contenuto di PagineMediche, riguardo la Schadenfreude. Di cosa si tratta? La Dr.ssa Grazia Aloi parla di Schadenfreude per riferirsi a chi prova un sentimento di piacere in seguito alla sofferenza altrui. Proseguendo nel testo, sono utilizzati termini come sadismo e aticofilia, e benché si parli dei soggetti che la provano come persone con bassa autostima, insicurezza, instabilità emotiva, e “di assoluta immaturità psico-affettiva”, non è un vero e proprio caso clinico che si possa trattare. In fin dei conti, c’è una netta differenza tra godere delle disgrazie altrui (la gioia maligna, ovvero la Schadenfreude) e provare piacere nell’infliggere concretamente sofferenze (sadismo).
Come ricorda psicoadvisor in genere chi prova gioia nelle sofferenze altrui, un tempo nascondeva quest’emozione, perché è socialmente non accettata. Ma le reactions e fiumi interminabili di commenti, rendono possibile disperdere la propria reazione anche ai propri conoscenti. Non solo: la Dott.ssa De Simone, su psicoadvisor identifica la Schadenfreude come gioia maligna e Deficit di compassione, le caratteristiche tipiche degli haters.
Tuttavia c’è chi la pensa diversamente. Secondo quanto riferito dalla Dott.ssa Malucelli su Starbene.it, ci sono diversi tipi di Schadenfreude. Non c’è nulla di male a ridere di una gaffe o di un infortunio divertente. Ma nemmeno colpevolizzarsi se si gode di un danno subito da chi ci ha fatto un torto, perché è normale aspettarsi un contrappasso (al limite del karma). Ma quando la gioia maligna è un comportamento sistematico, viene riferito come un disturbo psicologico radicato, che potrebbe necessitare una psicoterapia.
Si dice che prima di risolvere un problema, bisogna ammettere di averlo. Viene difficile però credere che una persona che ride della morte e delle disgrazie altrui, possa avere una capacità di valutazione tale da ammettere di aver bisogno di un supporto psicologico.
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