Morire nello Spazio: il piano della NASA per affrontare l’inevitabile

Con il numero crescente di missioni spaziali e l’obiettivo dichiarato di portare esseri umani su Luna e Marte, la NASA ha cominciato a fare i conti con un tema finora evitato: la gestione della morte nello spazio. La questione, a lungo confinata nella fantascienza, è ora parte delle procedure operative. Non si tratta più di immaginare cosa fare in caso di decesso oltre l’atmosfera, ma di stabilire protocolli precisi, rispettosi e sicuri. Cosa succede dunque, se un astronauta o un turista spaziale dovesse morire nello Spazio?

Morte orbitale: realtà o ipotesi?

SpaceX Launches to the International Space Station
Il lancio del 2012

Fino a oggi, tutti i decessi legati all’esplorazione spaziale sono avvenuti in atmosfera terrestre o durante fasi di rientro. Nessuno è morto nello spazio profondo o in condizioni di microgravità permanente. Ma con equipaggi sempre più numerosi, missioni di lunga durata e un corpo astronautico che invecchia, la probabilità statistica di un decesso in orbita o oltre aumenta.

Per questo, nel 2012 la NASA ha inviato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale un dispositivo silenzioso e mai pubblicizzato: un sistema per il contenimento di resti umani. Sembrava solo un contenitore refrigerato. In realtà, era un primo passo verso un obitorio orbitale.

Contenere il corpo, proteggere l’equipaggio

Il modulo HRCU (Human Remains Containment Unit) è progettato per isolare i resti di un astronauta deceduto, rallentandone la decomposizione e prevenendo contaminazioni. È rivestito da materiali assorbenti, dotato di filtri antiodore e strutturato per essere fissato in sicurezza. Anche piccoli dettagli, come la posizione delle cerniere, sono pensati per un trattamento rispettoso.

Il modulo HRCU

Nel caso di morte a bordo della ISS, il corpo verrebbe inserito in questo contenitore e conservato in una zona non pressurizzata in attesa del rientro. Ma se l’evento si verificasse durante una passeggiata spaziale o su un corpo celeste, entrerebbero in gioco involucri esterni progettati per preservare integrità e decoro anche in ambienti estremi.

Il valore scientifico e investigativo del decesso

Una morte nello spazio non è solo una perdita umana. È anche un evento critico da comprendere, sia per migliorare i protocolli futuri, sia per escludere malfunzionamenti. Per questo motivo, l’equipaggio viene addestrato alla raccolta di campioni biologici (sangue, capelli, fluidi oculari), alla documentazione visiva e all’archiviazione di dati forensi, anche in assenza di un medico legale. La gestione del corpo non è immediata. Potrebbe essere necessaria la conservazione prolungata in orbita, oppure — in assenza di alternative — l’adozione di misure estreme come la sepoltura spaziale o il rilascio controllato nel vuoto interplanetario.

Questioni etiche, legali e culturali

Oltre agli aspetti tecnici, c’è un problema più complesso: chi ha giurisdizione sul corpo? Nella ISS, le regole sono chiare: il paese di origine dell’astronauta mantiene la competenza. Ma su Marte? Su una stazione privata? In un volo multinazionale? I trattati internazionali, come l’Outer Space Treaty del 1967 e gli Accordi Artemis, stabiliscono linee guida generali, ma lasciano scoperti molti aspetti legati alla morte. Come si gestisce un sospetto omicidio? Che valore legale hanno i certificati redatti nello spazio? E come si concilia tutto questo con usi religiosi e sensibilità culturali?

Prepararsi al lutto oltre la Terra

La NASA ha incluso nei suoi programmi di addestramento anche cerimonie commemorative. Gli equipaggi devono essere pronti a organizzare riti minimi a bordo, proteggere gli effetti personali del defunto e gestire il lutto in condizioni psicologicamente fragili. È previsto anche il supporto per le famiglie sulla Terra, con comunicazioni private e assistenza medica e psicologica. In parallelo, si lavora per impedire che le immagini dei resti umani in orbita vengano catturate da satelliti o diffuse. Un corpo nello spazio non può diventare oggetto di curiosità o spettacolarizzazione.

Una nuova frontiera per l’umanità

L’idea di morire nello spazio impone una ridefinizione del concetto stesso di umanità in ambienti non terrestri. La preparazione della NASA mostra che non si può pensare a colonizzare altri pianeti senza affrontare anche le conseguenze più dolorose. Le procedure sono pensate per evitare contaminazioni biologiche, rispettare la dignità del singolo e assicurare sicurezza agli altri membri dell’equipaggio.

Quando avverrà il primo decesso definitivo oltre la Terra, sarà una prova di maturità. Di fronte alla morte, capiremo se siamo davvero pronti a essere una specie interplanetaria.

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