La Cina sta accelerando lo sviluppo di data center sottomarini come soluzione per ridurre i consumi energetici legati al raffreddamento dei server che alimentano l’intelligenza artificiale e il cloud computing. Questa strategia non solo risponde alla crescente domanda di potenza di calcolo, ma affronta anche il problema del consumo di acqua dolce, sempre più contesa tra usi industriali e necessità umane.
A giugno è iniziata la costruzione di un nuovo data center sottomarino al largo di Shanghai, alimentato da un parco eolico offshore che fornirà il 97% dell’energia necessaria. La società Shanghai Hailanyun Technology, nota anche come HiCloud, prevede di avviare la prima fase del progetto a settembre. Questa fase ospiterà 198 rack per server, con una capacità sufficiente a completare, in un solo giorno, l’equivalente dell’addestramento di GPT-3.5, il modello di linguaggio di OpenAI. Nonostante l’impatto innovativo, la struttura rimane più piccola rispetto ai data center terrestri di medie dimensioni, che possono contenere fino a 3.000 rack.
Raffreddamento naturale e riduzione dei consumi
Circa il 40% dell’energia di un data center tradizionale viene impiegata per il raffreddamento, spesso attraverso l’uso intensivo di acqua. I sistemi sottomarini, invece, sfruttano il contatto diretto con l’acqua di mare, pompata attraverso radiatori che assorbono il calore dei server, riducendo il consumo energetico di almeno il 30%. Questo approccio limita l’impatto sulle risorse idriche dolci e contribuisce a una gestione più sostenibile delle infrastrutture digitali.
Il concetto non è del tutto nuovo. Microsoft, più di dieci anni fa, aveva sperimentato con successo il Project Natick, immergendo un container di server al largo della Scozia. Tuttavia, l’azienda sembra aver sospeso ulteriori sviluppi, mentre la Cina ha trasformato rapidamente i progetti pilota in implementazioni commerciali, come già avvenuto nel 2022 con un prototipo al largo di Hainan.

Sfide ambientali e sicurezza
Nonostante i vantaggi, restano alcune preoccupazioni ambientali. Esperimenti precedenti hanno mostrato che un data center sottomarino può causare un lieve aumento della temperatura locale dell’acqua, anche se di pochi millesimi di grado. Alcuni ricercatori avvertono che durante ondate di calore marino, questo effetto potrebbe aggravare la carenza di ossigeno in mare, con possibili ripercussioni sulla biodiversità.
Un’altra criticità riguarda la sicurezza. Uno studio del 2024 ha evidenziato che certi suoni subacquei potrebbero danneggiare le infrastrutture sottomarine, aprendo il dibattito su potenziali attacchi acustici. Hailanyun sostiene che i suoi impianti siano progettati per minimizzare l’impatto ambientale, citando test che hanno rilevato un aumento della temperatura inferiore a un grado nell’acqua circostante.
Una corsa globale alla tecnologia sottomarina
L’esperimento cinese potrebbe spingere altri Paesi ad adottare soluzioni simili. Corea del Sud e Giappone hanno già annunciato progetti legati ai data center in mare, mentre Singapore sta valutando soluzioni galleggianti. La sfida, secondo Zhang Ning, ricercatore all’Università della California, Davis, sarà più legata a questioni normative e logistiche che alla fattibilità tecnica.


































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