Un’analisi condotta da Unobravo, piattaforma per la psicologia online, ha evidenziato un dato allarmante: circa il 40% dei TikTok più popolari in Italia con l’hashtag #mentalhealthtips contiene informazioni false o fuorvianti sulla salute mentale. Lo studio mette in luce un fenomeno in crescita che preoccupa psicologi e professionisti del settore, poiché i social media stanno diventando una delle principali fonti di informazione per milioni di utenti.
Secondo la ricerca, il 27% degli italiani dichiara di imbattersi spesso in contenuti medici o sanitari non verificati sui social network, mentre più della metà (57%) non si fida dei consigli sulla salute mentale diffusi su TikTok. Solo l’11% li considera attendibili, una percentuale che sale al 23% tra i giovani tra i 18 e i 24 anni e scende al 5% tra gli over 65, segno di una diversa percezione del rischio legata all’età e all’esperienza digitale.
L’analisi di Unobravo: tra pseudoscienza e “hack” psicologici
L’indagine ha esaminato i video più visualizzati in Italia con l’hashtag #mentalhealthtips, che hanno raccolto quasi 1,8 milioni di like complessivi. I risultati mostrano che, pur non trattandosi di contenuti generalmente pericolosi, molti video mescolano termini scientifici alla moda, teorie parzialmente corrette e “rimedi lampo” di dubbia efficacia, che contribuiscono a confondere il pubblico.
La dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, spiega che “i social media hanno reso i consigli sulla salute mentale più accessibili, ma non necessariamente più affidabili”. A suo avviso, la disinformazione in questo ambito “spesso appare rassicurante e scientifica, pur non essendolo”, rendendo più difficile per gli utenti distinguere tra un consiglio serio e un trend virale.
Le cinque principali forme di disinformazione
Lo studio ha individuato cinque categorie principali in cui si concentra la disinformazione sulla salute mentale nei TikTok italiani:
- Uso improprio della psicologia, con concetti manipolati o distorti per influenzare comportamenti sociali o relazionali.
- Uso scorretto di termini scientifici, come “trauma” o “dopamina”, impiegati per conferire autorevolezza ai contenuti.
- Pseudoscienza e pratiche non scientifiche, che includono “guarigioni energetiche” o “reset del sistema nervoso”.
- Affermazioni false o esagerate, che promettono miglioramenti immediati e risultati miracolosi.
- Contenuti a scopo commerciale, dove i consigli sono usati come leva per promuovere prodotti o servizi.
Secondo Unobravo, anche i contenuti pubblicati con buone intenzioni possono generare interpretazioni errate, alimentando aspettative irrealistiche o ritardando la decisione di chiedere aiuto professionale.
Gli esperti chiedono maggiore alfabetizzazione digitale
Per gli psicologi, il problema non risiede solo nella presenza di contenuti falsi, ma nella difficoltà degli utenti a valutarne l’attendibilità. Come ricorda la dott.ssa Fiorenza Perris, “i social media possono contribuire a ridurre lo stigma verso la salute mentale, ma non possono sostituire un percorso terapeutico condotto da professionisti qualificati”.
L’invito degli esperti è quindi a promuovere una maggiore alfabetizzazione digitale e una consapevolezza critica nell’utilizzo delle piattaforme social, affinché l’aumento dell’accessibilità non si traduca in una perdita di qualità delle informazioni. “Affidabilità, empatia e supporto basato su evidenze devono restare sempre la priorità”, conclude Fiorenza Perris.



































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