SEC e criptovalute, Atkins: “Pochi token sono titoli”. Intanto Tether ingaggia l’ex consigliere di Trump

Il dibattito sulla regolamentazione delle criptovalute negli Stati Uniti si accende di nuovo. Paul Atkins, presidente della Securities and Exchange Commission (SEC), ha dichiarato che solo una minoranza dei token digitali può essere classificata come titolo finanziario soggetto alla supervisione dell’agenzia. Le parole di Atkins, pronunciate al SALT Blockchain Symposium di Jackson Hole, segnano un cambio di direzione rispetto all’approccio seguito finora, dominato dal riferimento al test di Howey.

La visione di Atkins e il futuro della regolamentazione

Secondo Atkins, “il token in sé non è necessariamente un titolo”. La distinzione basata sulla centralizzazione, punto cardine del Howey Test (nato da una sentenza della Corte Suprema del 1946), sarebbe a suo giudizio un “falso problema”. La SEC ha già escluso Bitcoin dall’ambito delle securities, riconoscendone la natura decentralizzata, ma l’interpretazione di Atkins apre scenari diversi anche per molte altre criptovalute.

La posizione rientra nel contesto di “Project Crypto”, l’iniziativa lanciata a luglio dall’agenzia per accelerare l’attuazione della visione di Donald Trump: fare degli Stati Uniti la “capitale mondiale delle criptovalute”. L’obiettivo è portare maggiore chiarezza normativa, anche se il percorso legislativo appare complesso.

In Senato, il presidente della commissione bancaria Tim Scott (R-South Carolina) ha ipotizzato che 12-18 democratici possano sostenere un disegno di legge sulla struttura del mercato crypto. Tuttavia, il provvedimento dovrebbe superare sia la commissione bancaria sia quella per l’agricoltura, che sovrintende alla Commodity Futures Trading Commission (CFTC). Una volta in aula, servirebbero almeno 60 voti per superare l’ostruzionismo, obiettivo che appare difficile anche per la resistenza della senatrice Elizabeth Warren, critica verso i progetti repubblicani ritenuti troppo vicini agli interessi dell’industria.

Il ruolo dei stablecoin e la mossa di Tether

Mentre il dibattito politico si concentra sul quadro regolatorio, l’attenzione dei mercati si rivolge agli stablecoin, al centro del GENIUS Act, la legge firmata da Trump che introduce un primo schema di supervisione federale. In questo contesto si inserisce l’annuncio di Tether, il principale emittente di stablecoin al mondo con una capitalizzazione di circa 120 miliardi di dollari. La società ha assunto Bo Hines, ex consigliere per le criptovalute della Casa Bianca, per rafforzare la sua strategia negli Stati Uniti.

Hines, 29 anni, ex giocatore di football universitario e già candidato al Congresso con l’appoggio di Trump, ha guidato il President’s Council of Advisers on Digital Assets durante i primi mesi della nuova amministrazione. Ora collaborerà con la dirigenza di Tether per costruire relazioni con legislatori e regolatori americani. “Sono entusiasta di unirmi a Tether in un momento cruciale, per contribuire a portare stabilità, conformità e innovazione nel mercato statunitense”, ha dichiarato.

Le ombre su Tether

L’espansione di Tether negli Stati Uniti non è priva di rischi. L’azienda è da tempo sotto la lente delle autorità per la trasparenza delle sue riserve e la gestione della conformità normativa. In passato, indagini hanno contestato l’assenza di un reale rapporto 1:1 tra riserve e token emessi. La società ha già pagato una multa da 41 milioni di dollari alla CFTC per presunte dichiarazioni ingannevoli e resta oggetto di verifiche federali legate al riciclaggio di denaro e al rispetto delle sanzioni internazionali.

Il CEO Paolo Ardoino ha difeso la scelta di ingaggiare Hines come un segnale di impegno verso una maggiore integrazione con il mercato statunitense: “La sua conoscenza del processo legislativo e la passione per l’adozione concreta della blockchain lo rendono una risorsa preziosa”. Resta però da vedere se la mossa basterà a superare le diffidenze di chi, come la policy director di Better Markets, Amanda Fischer, parla di “una pericolosa porta girevole tra amministrazione Trump e industria crypto”.

Uno scenario ancora in costruzione

Tra aperture regolatorie, nuove leggi e mosse strategiche delle aziende, il settore crypto negli Stati Uniti si trova a un crocevia. Da un lato la volontà politica di fare del Paese un hub globale per gli asset digitali, dall’altro le perplessità sul rischio di affidare troppo potere all’industria senza adeguate tutele per consumatori e stabilità finanziaria.

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