Telecomunicazioni europee, sei mesi decisivi: la presidenza danese dell’UE sarà il banco di prova del Digital Networks Act
Con l’avvio del semestre danese alla guida del Consiglio dell’Unione Europea, il settore delle telecomunicazioni guarda a Bruxelles in attesa di una svolta. A prendere posizione è stata la GSMA, l’associazione che rappresenta gli operatori mobili europei, insieme a Teleindustrien, omologa danese. Il momento, secondo i due organismi, è cruciale: nei prossimi mesi l’Europa dovrà dimostrare di voler realmente tornare protagonista nel campo della connettività e dell’innovazione digitale, dopo anni in cui ha arrancato rispetto a Stati Uniti e Asia.

Un ritardo che pesa sulla competitività
L’Europa ha scommesso tardi sul digitale. Mentre altri mercati spingevano sullo sviluppo delle reti e delle infrastrutture, il Vecchio Continente ha mantenuto un approccio prudente e frammentato. Il risultato è un ritardo accumulato in termini di capacità di rete, attrattività degli investimenti e penetrazione del 5G. Nonostante investimenti stimati in oltre 500 miliardi di euro negli ultimi dieci anni da parte degli operatori, le infrastrutture non riescono a tenere il passo con la domanda crescente di traffico e servizi digitali.
A certificare il divario è la stessa Commissione Europea, che ha calcolato in almeno 200 miliardi di euro l’ulteriore fabbisogno per rendere le reti mobili idonee alle esigenze attuali. Una cifra che esclude il capitolo sicurezza, sempre più centrale in un contesto geopolitico instabile e frammentato.
Il Digital Networks Act come banco di prova
In questo scenario, la Digital Networks Act – attesa proprio nel corso della presidenza danese – è vista come l’occasione per ripensare l’intero ecosistema normativo e industriale del digitale europeo. L’obiettivo sarebbe quello di stabilire un quadro regolatorio più snello, capace di alleggerire gli oneri per gli operatori e introdurre regole omogenee tra i diversi attori del settore.
Ma c’è di più: secondo il settore, serve anche un cambio di passo sulle politiche di concorrenza e sulla gestione dello spettro radio. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è alla necessità di favorire un processo di consolidamento tra gli operatori, oggi frenato da vincoli normativi spesso rigidi. Una maggiore flessibilità su questo fronte potrebbe facilitare la creazione di gruppi più solidi, in grado di affrontare le sfide del prossimo decennio.
Crescita, innovazione e sovranità
Al centro delle richieste c’è una visione: quella di un’Europa capace di tornare a essere fabbrica di innovazione, non solo utente passivo delle tecnologie prodotte altrove. Per riuscirci, secondo GSMA e Teleindustrien, non bastano le parole. Serve un contesto favorevole a investimenti a lungo termine e politiche industriali coordinate.
Il tema, in fondo, è anche politico. La digitalizzazione non è solo una leva economica, ma un elemento chiave per la sovranità tecnologica europea. Sotto questo profilo, il DNA sarà una cartina di tornasole delle intenzioni reali dell’Unione. Se prevarrà l’approccio minimalista, il rischio è di restare spettatori. Se invece si punterà su un quadro normativo coerente, stabile e pro-competitività, si potrebbe aprire una nuova fase.
Il tempo delle dichiarazioni è finito
Non è la prima volta che il settore delle telecomunicazioni lancia un allarme o una proposta. Ma a differenza del passato, lo scenario attuale sembra meno incline alla procrastinazione. Le crisi recenti – dalla pandemia alla guerra in Ucraina – hanno mostrato quanto sia fragile un sistema che dipende da infrastrutture non adeguate o da fornitori esterni.
La scommessa della presidenza danese sarà proprio questa: trasformare una stagione di retorica in una strategia concreta di rilancio. Il Digital Networks Act, in questo senso, rappresenta molto più di un semplice testo legislativo. È la possibilità per l’Europa di dimostrare che la partita della tecnologia è ancora aperta. Ma non lo sarà ancora per molto.





































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