Google Takeout: come esportare i propri dati archiviati su Google

Google, tra multe e sanzioni che anno nero

Nella giornata di ieri Google ha subito una sonora sconfitta presso il Tribunale europeo. Quest’ultimo ha infatti confermato una sanzione di oltre 4,1 miliardi di euro imposta dalla Commissione Europea per il predominio di Android.

La conferma arriva dopo la richiesta di Google di annullare una multa di 4,3 miliardi di euro, emessa dalla CE in seguito ad un’indagine durata tre anni. Al termine dello studio la Commissione Europea ha dichiarato Google colpevole di aver escluso i concorrenti, costringendo i produttori ad includere le app sviluppate da Mountain View sui dispositivi. Non solo, avrebbe inoltre fatto in modo che alle app quali Play Store, cataloghi e servizi Google fossero assegnate posizioni rilevanti.

Google ha cercato di difendersi con cinque giudici del tribunale del Lussemburgo, affermando che Android è “una storia di successo eccezionale di potere e concorrenza in azione“. Inoltre i rappresentanti legali del motore di ricerca per antonomasia avrebbero sostenuto che invece di danneggiare la concorrenza, l’avrebbero aiutata. Il dito è poi stato puntato ad Apple, descritta come “altamente potente“. In una dichiarazione di Matthew Pickford, avvocato di Google, “La Commissione europea ha chiuso gli occhi sulla reale dinamica competitiva in questo settore, quella tra Apple e Android“. Secondo il legale di Mountain View, “La CE ha erroneamente ritenuto che Google fosse dominante nei sistemi operativi mobili e negli store“.

Google Takeout: come esportare i propri dati archiviati su Google

La protesta di Google non ha però scalfito l’avvocato della Commissione Europea che ha anzi affermato che coinvolgere Apple non avrebbe cambiato le cose, in quanto le due società gestiscono modelli diversi, inoltre la quota di mercato di Cupertino è inferiore a quella di Mountain View.

Ed eccoci dunque alla sentenza del 14 settembre 2022, in cui il Tribunale europeo ha stabilito che la Commissione europea avesse ragione a ritenere che Google abbia abusato della posizione dominante. La sanzione è però passata da 4,3 miliardi di euro a 4,1 miliardi di euro. Il riesame della corte ha dunque ampiamente confermato la conclusione secondo cui Google avrebbe imposto restrizioni illegali ai produttori di dispositivi mobili Android e agli operatori di rete per consolidare la posizione dominante del suo motore di ricerca.

La prossima mossa potrebbe portare l’azienda a presentare ricorso contro la decisione presso la Corte di giustizia europea, entro due mesi e dieci giorni. Intanto Mountain View si sta destreggiando tra diverse sanzioni, una delle quali arriva proprio dalla CE, per un totale di 1,5 miliardi di euro inflitta nel 2019 per aver bloccato gli annunci di Yahoo e Microsoft. In questo caso la multa sarebbe stata comminata per aver costretto i clienti AdSense a rifiutare pubblicità da parte dei concorrenti. Questo sarebbe avvenuto attraverso l’imposizione di clausole restrittive nei contratti con i siti Web. La commissaria Margrethe Vestager, responsabile per la politica della concorrenza, in una dichiarazione ha affermato che “Google ha consolidato il suo dominio negli annunci di ricerca online e si è protetta dalla pressione concorrenziale con restrizioni contrattuali anticoncorrenziali su siti Web terzi“. Una pratica che si scontra con le norme antitrust dell’Unione Europea. Una condotta che è durata, secondo Vestager, oltre 10 anni, “inibendo ad altre aziende la possibilità di competere sui meriti e innovare, e ai consumatori i vantaggi della concorrenza“. In totale l’UE ha inflitto fino ad ora più di 8,25 miliardi di euro di multa a Google nel corso degli anni, in seguito ad indagini durate almeno un decennio.

Ma quella contro l’Europa non è l’unica sfida con cui Alphabet, la casa madre di Google, deve fare i conti. Le autorità australiane infatti ad agosto ha imposto una sanzione di 60 milioni di dollari australiani (circa 40,3 milioni di dollari) per i dati sulla posizione. Un tribunale australiano infatti avrebbe inflitto la multa perché Google avrebbe fuorviato i clienti sui dati sulla posizione personale raccolti tramite Android. Il caso, promosso dall’Australian Competition and Consumer Commission riguarda le pratiche di raccolta dei dati di Google avvenute dal gennaio 2017 al dicembre 2018. Lo scorso anno la Corte federale ha stabilito che Google ha erroneamente affermato di poter raccogliere informazioni sull’utente solo dalle impostazioni della cronologia delle posizioni sui dispositivi Android. Tuttavia le impostazioni dell’attività Web e delle app consentivano a Mountain View di raccogliere dati anche se la posizione era disattivata.

Ma le grane legali ed economiche di quest’anno per Google non sono certo terminate qui. Solo due mesi fa infatti in Russia il l servizio federale anti-monopolio russo (FAS) ha multato Alphabet per 364,3 milioni di dollari per una “ripetuta mancata rimozione di contenuti illegali”. Ovvero video su YouTube che inciterebbero i bambini a partecipare a proteste non autorizzate che diffondono “contenuti falsi sull’operazione militare russa in Ucraina”. Inoltre il materiale promuoverebbe estremismo e terrorismo. Nella patria dello zar Putin, sarebbe la seconda multa a Google nell’arco di un anno. Solo alla fine del 2021 un’altra sanzione di 134 milioni di dollari era stata inflitta ai danni di Mountain View. Lo scorso maggio Alphabet aveva annunciato che avrebbe dichiarato bancarotta in Russia dopo il sequestro del suo conto bancario.

Ma purtroppo per Google non è finita qui. Mentre il Tribunale europeo ha confermato la multa record, Alphabet si è vista infliggere in Corea del Sud una multa di circa 50 milioni di euro per violazioni delle leggi della privacy nell’uso delle informazioni personali degli utenti. Ciò sarebbe dovuto ad una raccolta illegale di informazioni comportamentali, in cui è coinvolta una piattaforma pubblicitaria online personalizzata. Google ha riferito che avrebbe collaborato con l’autorità sulla questione della protezione dei dati, pur dichiarandosi in disaccordo con quanto stabilito dalla coreana PIPC (Personal Information Protection Commission).

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Giornalista pubblicista, SEO Specialist, fotografo. Da sempre appassionato di tecnologia, lavoro nell'editoria dal 2010, prima come fotografo e fotoreporter, infine come giornalista. Ho scritto per PC Professionale, SportEconomy e Corriere della Sera, oltre ovviamente a Smartphonology.